E’ in vendita nelle edicole e librerie il nuovo lavoro del collega Salvatore Abate. Il titolo: Un porto di terza classe. La casa editrice è Taphros del maddalenino Dario Maiore.
Il porto di cui si parla è quello di un’’isola. Fatta di gente fiera, che sa quello che cerca e che vuole, che non si adagia nei piagnucolamenti. L’isola è multiculturale, ma questa caratteristica è la sua forza, e, per sorte, anche la sua debolezza.
Il porto è quello di un’isola delle Bocche di Bonifacio, stretto binario di mare, dove la navigazione è molto pericolosa, anche per i più consumati lupi di mare, ed è condotta in condizioni d’estremo disagio, punteggiato da una miriade di isole e di isolotti, chiamati in mille modi dai marinai che, sin dagli albori della civiltà umana, vi cercavano rifugio e approdo.
La memoria storica si perde nella notte dei tempi.
Le Bocche hanno sempre rappresentato le colonne d’Ercole del Settentrione. Sono sempre state il punto di passaggio verso il Mare Nostrum.
Sono transitati in questi mari tempestosi e hanno trovato rifugio nelle rassicuranti terre che vi affioravano gli etruschi, i greci e i romani.
I popoli che hanno forgiato la civiltà consideravano questo piccolo lembo di terra galleggiante come una sorta di ancora di salvezza.
Il porto di un’isola è il fondale scenico di queste “cronache scombinate”, che sono tali perché tra una e l’altra non vi è nessuna evidente correlazione.
Sono racconti, tratti da episodi realmente accaduti, da memorie, da testimonianze, da servizi giornalistici, da frammenti di vissuto quotidiano.
Sono state messe in ordine, ma è un ordine senza armonia, strumentale. Un ordine “irregolare”cercato, che rappresenta la debilitazione e, nel contempo, la forza di questa narrazione.
I nostri complimenti per l’ottima opera realizzata.
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