di Francesco Nardini –
Non tira aria salutare per gli Enti Parchi. Di una possibile cancellazione di alcuni di essi se ne parla ormai da mesi, ma di due giorni fa la ripresa della notizia su ‘Il Giornale.it’. Secondo il quotidiano milanese, la loro chiusura potrebbe essere legata innanzitutto a problemi economici e di programmazione. “Su 23 parchi nazionali presenti in Italia almeno la metà non ha provveduto a redigere il piano programmazione e gestione, il cosiddetto Piano Parco”, ha affermato il foglio. E’ lo strumento principale di questi enti, il documento con cui vengono definiti tra le altre cose, “indirizzi e criteri per gli interventi sulla flora, sulla fauna e sull’ambiente e vincoli, destinazioni di uso pubblico e privato. Non può esistere un parco nazionale efficiente senza un Piano, non fosse altro perché lo impone la legge”. Continuando a leggere si scopre che esistono carenze e inefficienze segnalate dalla Corte dei Conti, che dall’inizio del 2013 ha passato al microscopio le attività di quattro enti (l’Ente autonomo Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise; l’Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena; l’Ente Parco nazionale del Vesuvio; l’Ente Parco nazionale del Gargano). E sì. Ci siamo anche noi. Naturalmente in casi come questi è obbligatorio parlare al condizionale, ma è chiaro che qualcosa non va, o non sta andando, o non è andato come doveva. Malgrado siano trascorsi più di venti anni dall’emanazione della legge quadro sui parchi nazionali (la famosa legge 394 del 1991), non tutti si sono dotati degli strumenti di programmazione e gestione previsti per legge. Cosa può succedere adesso? Nelle inestricabili matasse di leggi/leggine/regolamenti, ecc, di cui è piena la nostra Repubblica, certo non sarà facile immaginare adesso cosa potrà succedere. Certo un ridimensionamento delle aree protette non è solo una congettura né un brutto sogno. E la mannaia del contenimento della spesa è sopra di noi. Di tutti gli italici enti, mica da scherzare. Per la Maddalena: a quindici anni dall’istituzione del Parco non sono stati ancora adottati gli essenziali strumenti di programmazione, il che non può non condizionare negativamente la gestione e la realizzazione degli obiettivi.
Le poste fondamentali della spesa sono rappresentate per il 48% dagli oneri per il personale, per il 23 % dall’acquisto beni di consumo e servizi e per il 21,1% da spese istituzionali. Il bilancio di previsione 2012, inoltre, prevede di chiudere l’esercizio con un disavanzo finanziario di 2 milioni di euro. Una cifra che ha messo in allarme lo stesso ministero dell’economia. Certo è sbagliato dimenticare che, tutto sommato, il nostro Parco un po’ di lavoro lo dà, ma non basta per raddrizzare la situazione compromessa da mille allacci e mille trappole. Fra le altre cose all’Ente Parco stano lavorando parecchi dipendenti ex americani. Rischiano? Forse no. La legge n. 98/71 dovrebbe tutelarli in un panorama di servizi pubblici, però, che si sta restringendo sempre più.
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