Continuano a giungere alla redazione di ‘Liberissimo’ segnalazioni della presenza di ibridi di cinghiale, sia nell’isola di Caprera che nell’isola della Maddalena. Ormai le segnalazioni stanno diventando una sequela che testimonia di una situazione ambientale e igienica in pericoloso aggravamento. E’ importante sottolineare che oramai i suidi si sono adeguati a vivere indisturbati, almeno limitatamente, e la loro spavalderia è aumentata mettendo decisamente in crisi la convivenza con uomini e animali domestici. Quello che è più impressionante è che i suidi hanno ormai preso possesso intero, dopo Caprera, dell’isola madre. Provate a andare nella zona dell’Acquedotto, a Fangotto, a Suareddu, nella zona de I Colmi. Troverete i bordi delle strade tutti crivellate dai grifi degli animali che, nottetempo, scavano alla ricerca di radici. Figuriamoci lontano dalle strade. Sentivamo tempo addietro, ma la cosa si ripete costantemente da anni, le lamentele di un abitante della zona dell’Acquedotto che non può più seminare alcunché nel suo orto perché puntualmente è visitato da cinghiali. A nulla è valso procedere alle recinzioni con reti o muretti: gli animali scavano tunnel e scavalcano reticolati. O altri abitanti della zona che restano senza dormire intere notti perché i cani abbaiano forsennatamente tentando inutilmente di respingerli. Ormai la soluzione del problema cinghiali – a partire dall’isola di Caprera – non più essere dilazionato, anche perché l’estate è dietro l’angolo e, secondo noi, la popolazione è in aumento, non certo in diminuzione e la probabilità di incontri aumenta. Le cure di ‘selezione’ con gabbie, cui è ricorso il Parco Nazionale – l’unico a interessarsi relativamente del problema – non hanno prodotto alcuna miglioria: venti, trenta, cinquanta catture non risolvono. Il dato di fondo è sempre lo stesso: se vogliamo eliminare un pericolo, ormai incombente (quanti sono gli animali: duecento, cinquecento, mille? Nessuno lo sa di preciso (e questo è già un problema nel problema) si deve procedere con sistemi drastici. Sistemi che prevedono l’abbattimento totale, o comunque altamente selettivo, dei suidi mantenendo un controllo sul numero degli animali, confinandoli magari in zone non frequentate. Coinvolgere i cacciatori? Certamente, delegando a quella regola, discutibile, che vieta la caccia nelle zone Parco. Parco vuol dire brutalità nei rapporti uomo/territorio/ambiente o razionale gestione delle risorse? E attenzione, perché noi maddalenini, tutto sommato, conosciamo il problema, ma i turisti no. E proprio durante l’estate gli incontri ravvicinati aumentano, e non sempre i cinghiali sono propensi a dividere con gli umani il territorio. Qualcuno potrebbe pagare salato la mancanza di interventi di prevenzione.
© RIPRODUZIONE RISERVATA -
I commenti sono disabilitati