Si è svolto mercoledì 9 novembre, alle 18, l’incontro con l’autore de I pregi degli isolani, di Salvatore Abate, a cura degli Amici della Biblioteca e della Biblioteca Comunale della Maddalena. Ha presentato Gian Luca Moro. Margherita Scarpaci, Gennaro Avellino, Lucia Spano, Micaela Quadrio, Maddalena Migliore e Corrado Casabuoni hanno letto e interpretato alcuni brani tratti dal libro, che non è un romanzo, ma una sorta di ibrido letterario in cui le vicende raccontate mescolano invenzione e realtà. Si tratta di fatti realmente accaduti, ma esposti alla maniera dell’autore. I luoghi e i personaggi sono pressappoco reali. Al netto dei nomi di fantasia attribuiti.
La storia e le storie che riguardano la nostra terra non sono separate dalla sensibilità che avvertiamo nel raccontarle. Per questo ci serviamo di una chiave di lettura che risente del nostro legame affettivo, cercando di non adoperare il linguaggio delle favole. Dichiarava il grande storico Jacques Le Goff: “La storia va più o meno in fretta, ma le forze profonde della storia si fanno cogliere solo nei tempi lunghi”. Le dinamiche che hanno condizionato le scelte e i comportamenti del passato possono riprodursi anche nei tempi relativamente moderni. Un secolo fa le forze predominanti all’interno di una società assumevano determinate sembianze, oggi ne assumono delle altre, diverse. A nostro avviso, potrebbero mostrarsi identici i movimenti e gli sviluppi.
Il periodo trattato in questo saggio è da considerarsi rappresentativo per la storia sarda, e maddalenina in particolare. Accadono fatti che destabilizzano una comunità, un poco come sta avvenendo nell’ultimo ventennio del secolo che viviamo.
Si parla di protagonisti casuali, nel corso della Grande guerra. E immediatamente dopo. Casuali, forse, perché figure sfumate. Ad eccezione di quella del Commissario regio Pietro Lissia, che, al contrario, ha contorni ben definiti e che riempie la scena. La sua è la figura di un attore con poca esperienza professionale, al quale la straordinarietà del momento impone di attribuirsi la parte principale nella rappresentazione teatrale di cartello. Senza avere ricevuto anticipatamente l’accordo del regista celebrato della pièce, né quello dell’ autore.
La fatica spesa nell’interpretare un personaggio dai molteplici risvolti umani è straordinaria. Il neofita se la cava abbastanza bene, meritando qualche applauso a scena aperta. E anche qualche fischio e la disapprovazione di una platea attenta, quando l’enfasi, caricata nella performance, occulta intenzionalmente le ambizioni smisurate e i fini realizzabili nel lungo periodo. La Maddalena e la sua gente diventano macchine trainanti di una carriera consumata tra luci e ombre.
L’autore ha riferito, a modo suo, dei primi anni del percorso politico di Lissia, svolto all’interno delle istituzioni. Vale a dire, gli anni della permanenza a La Maddalena e, in parte, quelli in cui i legami con la Sardegna non sono completamente recisi e in cui, nell’assemblea legislativa, l’“homo novus” della politica sembra avere ricevuto l’eredità dell’avvocato Giacomo Pala, gran sardo e degno rappresentante della Gallura. Il seguito del “cursus honorum”, che conduce Lissia a ricoprire cariche di potere in seno all’apparato del regime fascista, interessa, sinceramente, poco. Così come destano altrettanto poco interesse i risultati conseguiti dall’ex Commissario straordinario del Comune della Maddalena, mentre veste la camicia nera.
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